FUSE 12-13/05/12 report di vela

QUESTO PICCOLO GRANDE FUSE
Perché si chiamasse “Fuse” l’ho capito subito quando ho visto gente che voleva imbarcarsi a Lavagna.
Il venerdì pomeriggio i primi arrivi, si salutano tutti, già dopo l’aperitivo non si riconoscono più. Perfino Tex, dopo avermi invitato e aver fatto il viaggio in macchina con lui, alle 22 mi fa: “ciao, sei venuto anche tu?”. Gli ho detto: “ti ricordi? sono Renato Trinca, quello che deve fare lo spettacolo di cabaret”,  mi fa: “ah, bene e le ballerine dove sono?” pensava a una cosa tipo Liza Minelli, perché Tex (lo chiamano così perché qualche Fuse fa si è convinto che è un diminutivo di Gianni) è giovane dentro e fuori, son quelli dell’anagrafe che insistono a tenergli i conti. Abbastanza fulminato anche quello che guidava la macchina, Franco Brunello, convinto che per andare a La Spezia da Milano convenisse passare da Rovigo, l’abbiamo assecondato malgrado perfino dal navigatore si è sentito: “ma va che sei proprio un pirla”.
Ma questo è solo un piccolo assaggio per capire il perché si chiama “Fuse”. Sergio, il fotografo ufficioso, di Trieste, è venuto al Fuse perché aveva voglia di vedere un po’ il mare, dice che a Triste abita in una via secondaria dove non si vede, mi sembra un’ottima ragione per farsi 500 km invece che 4 passi.
L’organizzazione impeccabile: venerdì sera convenevoli, sabato sfilata di barche allegoriche a zig-zag in mezzo a ignari naviganti ormeggiati per fare il pisolino, sabato sera aperitivo a buffet, spettacolo di magia, cabaret e discoteca; domenica regata alla mattina all’alba, doccia prevista per temporale, arrivi al traguardo un po’ alla cazzo e al pomeriggio-sera estrazione del vincitore.
Bene, il venerdì sera dopo aver salutato 4 volte le stesse persone che ogni volta davano un nome diverso (è un trucco imposto da Tex per far vedere che ogni anno sono di più) me ne vado a letto con Sergio il fotografo, stessa cabina di poppa, russava talmente tanto che la mattina erano caduti i parabordi e l’albero cercava di scappare tirandosi su le vele da solo. Tex, che doveva aspettare la fidanzata la mattina dopo, Seva (o qualcosa del genere, si son messi insieme perché sono rimasti attratti dai nomi alla cazzo che c’hanno) ha passato la notte a frignare, un po’ perché aveva dimenticato l’orsacchiotto e diceva che Franco non era abbastanza peloso, un po’ perché aveva 36,8 di febbre ed aveva paura che fosse un infarto o un ictus, infatti già dal pomeriggio ha raccontato che ha sentito un improvviso tremore mentre stava firmando un assegno, ma come Moggi insegna, a fare certe operazioni si trema sempre un po’.
Dimenticavo, in macchina da Milano c’era anche una bella donna, non mi sovviene il nome, non perché sono sordo o smemorato, ma perché durante il viaggio era sempre col telefono in mano e non c’è stato il tempo di presentarsi, deve aver un sacco di amici, l’han chiamata perfino quelli del 118, i vigili del fuoco, la forestale e la protezione civile. Fusa anche lei, a un certo punto fa: “ho caldo” e tira giù il mio finestrino, mah….
Arriva il sabato mattina, Tex galvanizzato dall’arrivo di Teva (uno di questi nomi sarà giusto, cazzarola) o perché nessuno si era accorto di quale assegno ha firmato il giorno prima, mi dice: “indovina come agghindiamo la nostra barca?” non era facile indovinare, ho fatto il viaggio in macchina con 6 bandiere della Juventus sedere, mi ha chiesto di portarmi camice, mutande e calzini bianche e nere, se per caso avevo un membro di colore e se potevo mostrare eventuali carie al pubblico, quindi ho azzardato: “da Zebre della foresta?” mi fa: “sorpresona, no, da Juventini! sai che abbiamo vinto lo scudetto? festeggiamo!”. E’ un caro ragazzo, ma non si rende conto che il mondo è popolato da persone che tengono anche altre squadre e andare a sventolargli in faccia la propria vittoria equivale a prenderli per il culo ed ad assumersi le conseguenze.
C’è chi ha aspettato mesi per avere i materiali giusti e preparare la barca; Tex Tessaro ha aspettato che scudetto lo vincesse la Juventus, tre giorni prima. Quindi eravamo i più barboni di tutti e ce l’hanno fatto notare anche se Tex insisteva che era invidia.
Partiamo, Tex si è portato da casa una cassa amplificata e un pezzo in “loop” che ripeteva minchiate tipo “Juve vinci per gli ultrà” dove la musica era rubata alla sigla del telegiornale e le parole prese in parte dai baci Perugina.
Tex ci dà ordine di sventolare le bandiere e di saltare esultando, a un certo punto mi sorge un dubbio, ma chi cazzo è Juventino in questa barca? Franco è Interista, io l’unica partita di calcio che ho visto è una sera mentre studiavo e sentivo fuori la gente che urlava, erano i mondiali dell’82, se non sbaglio e dopo 10 minuti mi ero annoiato, l’altra coppia che c’era in barca  non parlava italiano (pur essendo italiani) e del calcio sapevano che serve una palla e basta. Mi avvicino a Freva, la ragazza di Tex e le chiedo: “ma sei anche tu Juventina?” “no, è per farlo contento, pensa che nell’intimità mi chiama ‘Del Piero'”.
Tex era il solo Juventino…ne ho tagliate di strade, non dato precedenze, non fatto passare pedoni, ma così tanti vaffanculo dalle altre barche e dalla gente a terra, non li avevo mai presi nella mia vita. A un certo punto Tex ha pensato bene di accostare una nave per farle sentire la nostra allegoria Juventina, il comandante della nave ha fermato le macchine e ha dato ordine di tirarci una scialuppa addosso, Tex ha girato la barca e ha minimizzato: “è stato un segno di benevolenza”. Non contento è voluto passare anche per il porto di La Spezia, dove  era ormeggiata una nave il cui comandante  ha preso un megafono e ha cominciato a ripetere “ladri, ladri, ladri…” ho detto: “Tex, ma ce l’ha con i Juventini?” “ma no, ma no, ci sta dicendo -bravi, bravi – ma adesso andiamocene che i complimenti mi fanno arrossire” come i razzi di soccorso che ci stavano tirando. Ovviamente siamo arrivati ultimi.
Sabato sera: buffet e aperitivo, tutti belli alticci, si va su e comincia lo spettacolo di un simpatico maghetto che gli viene la brillante idea di fare un gioco con 4 palle, sulla sinistra un uomo di una certa età che ogni volta che il mago diceva: “adesso la palla rossa sale e quella verde scende, quella blu scende e quella gialla sale” è andato avanti così un quarto d’ora buono, l’uomo sul fianco sembrava collegato con le sue palle, quasi tirassero le sue, quando quella verde saliva lui andava indietro con il collo e si addormentava, quando tiravano verso il basso quella blu lui tornava con la testa in avanti, è stato il vero spettacolo. Io dopo ho fatto il mio, ma intanto continuavo a pensare alle palle di quell’uomo. Infatti, la mattina dopo, che c’era la regata, me ne dormivo un po’ agitato parlando nel sonno, dicendo cose tipo: “quando la drizza sale, l’altra palla scende, ecc.”. A un certo punto Tex, euforico urla: “dov’è il prodiere? mancano tre minuti”. A dire il vero non so se ho fatto il randista o il prodiere, poiché Tex era convinto che partendo con la barca di poppa, mettendo la randa sul tangone e un fiocco augurale sul boma avremmo avuto dei vantaggi, il tutto mentre il Franco Brunello avvertiva per telefono quelli degli alcolisti anonimi che il nostro comandante non aveva superato ancora una volta i 4 giorni di astinenza. E il Brunello che li avverte è già un presagio. Quindi Tex, soprannominato ormai anche il Moggi di Fezzano per le sue capacità di destreggiarsi con gli assegni circolari, mi ha detto: “dai, fai colazione con questi Ringo e spicciati, che per vincere una regata a volte pagare non basta, è diventato un mondo di squali, credimi”. Per non contraddirlo ho mangiato il contenuto del razzo di segnalazione che aveva scambiato per i noti biscotti e mi son messo in posizione di prodista, per non sbagliare.

Tex quella mattina era un altro, con la sicurezza di un Moggi a cui hanno depenalizzato i reati; ci ha detto che Meva doveva andare a lavorare in Canada e sarebbe tornato per i festeggiamenti a pranzo, ma noi, la notte, abbiamo sentito quando lei gli ha confessato che ha sempre tenuto il Milan e abbiamo sentito il rumore dell’ancora di rispetto (che pare si sia legata al collo), fare “crunch” nel pozzetto della barca vicina (Tex ha tutto, meno la mira). Intanto anche l’altra signorina era sparita lasciandoci un biglietto poco credibile, dove ci avvertiva che sarebbe andata a caricare il cellulare in una centrale nucleare francese, l’unica che gli assicurasse una buona autonomia col telefono.
Non ho osato dire niente sulla regolazione delle vele anche se perfino un pirla si sarebbe accorto che voleva svirgolare il fiocco a forma di “J” e la randa a forma di “W” in onore della sua squadra del cuore e di miei due altri organi, ma siamo comunque passati per primi sul traguardo, anche se con lo scorporo dell’IVA (una cosa che si è inventata Tex) siamo arrivati terzi.

Totale, ormeggiamo la barca e Tex mi chiede: “secondo te cosa ci siamo portati via con questa esperienza?” “la trappa, con l’elica”. Presa dentro, perché prima di fissare la cima sulla banchina e la trappa sopravento stavano giocando a “salta la corda” con l’altra trappa. Ma Tex mi ha dimostrato con un discorso sulle plus valenze dello yen applicato al Bernulli che aveva ragione. D’altronde l’organizzatore del “Fuse” è lui, mica io. Per finire durante prima delle premiazioni mi si avvicina e mi fa: “cosa ne dici di mettere ancora i cori da stadio degli ultrà per scaldare un po’ la gente?” ne pagherò le conseguenze, ma per una volta l’ho mandato a fare in culo io. Grazie di tutto, Renato Trinca